Monte Puro
Cos’è l’Appennino Nascosto? È il monte Puro, 1155 m s.l.m, nel Comune di Fabriano, Sito d’Importanza Comunitaria per le sue peculiarità naturalistiche, con il quale ricopre complessivamente, insieme ai vicini monti Rogedano e Giuoco del Pallone, una superficie protetta di circa 1514 ha. A cavallo tra le frazioni di Valleremita e Serradica, il monte Puro svetta alla fine delle Marche e si può distinguere facilmente delle altre montagne, per la sua forma a trapezio, con la cima piana e livellata. Meta frequente per escursioni a piedi e in mountain bike, raccoglie buona parte dei classici habitat appenninici in uno spazio relativamente contenuto.
Un ondulato prato sommitale, dimora di allodole in estate, esplode di fiori in primavera e di funghi in autunno, mentre in inverno è tra i primi imbiancati dalla neve, insieme ai prati dei monti più alti. Le praterie del monte Puro sono quasi tutte secondarie, dovute a secoli di allevamento e foraggio e attualmente in uso per i medesimi scopi, tanto che si rinvengono, nascosti nella vegetazioni, alcuni ruderi e vecchi attrezzi.
Zone più rocciose e calcaree affiorano qua e là lungo il profilo del monte Puro, fungendo da ottimi posatoi per i molti rapaci e come rifugi per vari rettili. Scendendo verso valle si incontrano delle zone alberate molto diversificate, habitat ideali per l’abbondante fauna, della quale i protagonisti sono senza dubbio gli ungulati, soprattutto caprioli e alcuni cervi. La presenza di strette vallate, in particolare sul versante che guarda il paese di Valleremita, dà luogo al fenomeno dell’inversione termica, con faggi, anche imponenti, in basso e querce e carpini a quote più elevate. Non mancano, inoltre, fitte pinete ed abetaie piantate, scelte per trascorrere l’inverno da uccelli e piccoli mammiferi, quando le foreste caduche non offrono più protezione tra i rami ormai spogli.
Diverse sono le fonti d’acqua che nascono dal monte Puro, come il Fosso le Callare, che dalla zona del Lentino scende ripido fino a Sant’Angelo di Esanatoglia, dando vita a piccole zone ripariali con salici e pioppi, ricche della biodiversità legata alle zone umide (anfibi in particolare).
Dentro la faggeta, appena visibile, nel punto in cui si congiungono monte Puro e monte Rogedano, c’è l’eremo di Santa Maria di Val di Sasso, culla di una storia millenaria. Già monastero benedettino femminile nel 787, divenne alcuni secoli dopo, un eremo francescano, che ospitò verosimilmente lo stesso San Francesco e divenendo, per questo, riferimento per l’ordine francescano delle Marche. A questo eremo, attualmente ristrutturato e abitato da alcuni frati francescani, è legata anche la leggenda del Campo di San Francesco, secondo la quale il santo, in cammino proprio verso l’eremo, chiese di essere guidato da un contadino. Questo, che lavorava la propria terra nella zona di Camporege, appena più in basso dell’attuale paese di Valleremita, lo accompagnò lungo il cammino, nonostante la preoccupazione per aver abbandonato il proprio lavoro. Al suo ritorno trovò il proprio campo arato e gli animali riposati tanto che oggigiorno quell’area è chiamata Campo di San Francesco o Campo dei Miracoli (Fonte: http://www.fabrianostorica.it/abbazie/valdisasso.htm).