Anfibi: un’intera classe di vertebrati da proteggere
Le risposte dell'esperto David Fiacchini sul loro stato di conservazione e sulle specie dell'Appennino Umbro-Marchigiano
Abbiamo approfondito le nostre conoscenze sugli anfibi e sul loro stato di salute, con un focus sul territorio appenninico, con David FIacchini, biologo esperto di erpetologia e professore di scienze naturali all’Istituto Da Vinci di Civitanova.
1- Quali sono le principali minacce nei confronti degli anfibi, sia a livello globale che locale?
Gli Anfibi sono la classe di animali vertebrati maggiormente a rischio di estinzione a livello globale (il 33% degli oltre 8.300 taxa conosciuti, cfr. LINK ), con specie in rapida rarefazione anche in Italia e nell'Appennino centrale (tra tutti segnaliamo il sempre più raro Ululone appenninico - Bombina pachypus).
Le cause sono molteplici e vanno dai cambiamenti climatici (con eventi meteorologici estremi, quali siccità prolungata o gelate fuori stagione) e dalla maggiore diffusione di agenti patogeni, all'introduzione di ittiofauna predatrice e di specie aliene invasive (non originarie di quell'area geografica, come il Gambero rosso della Louisiana - Procambarus clarkii - arrivato negli ultimi venti anni in diversi corsi d'acqua e laghetti anche nelle Marche e in Umbria); dall'alterazione degli ambienti di rifugio (siepi e aree incolte, sottobosco nemorale) alla riduzione degli habitat riproduttivi (stagni e acquitrini) e captazioni di sorgenti e ruscelli senza rilascio del deflusso minimo vitale.
Nell'Appennino Umbro-Marchigiano, in particolare, risulta essere un fattore critico per la conservazione degli anfibi anche il taglio del bosco operato con ceduazioni estese che interessano impluvi e vallecole, aree tipicamente frequentate da specie di anfibi molto rare come la Salamandrina di Savi (Salamandrina perspicillata), la Salamandra pezzata (Salamandra salamandra) e la Rana appenninica (Rana Italica): simili interventi arrecano disturbo diretto, riducono le aree di rifugio e modificano il microclima locale, costringendo di fatto all'abbandono del sito.
Per conoscere quali specie italiane sono più a rischio di estinzione si può consultare la "lista rossa" elaborata dai ricercatori dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN): LINK
2- Quali sono le strategie in atto per salvaguardarli?
Pur non avendo ancora una normativa nazionale che tuteli specificatamente gli Anfibi (e la biodiversità in generale) e che preveda misure specifiche di conservazione con finanziamenti adeguati, la Direttiva europea "Habitat" 92/43 e il DPR n. 357 del 1997 (poi modificato in alcuni articoli da successive norme) hanno inserito anche alcune specie della batracofauna tra quelle meritevoli di attenzione e di protezione. Senza queste norme, in effetti, non si potrebbero attivare piani e azioni di conservazione sia su scala nazionale che a livello locale, in particolare all'interno di aree protette e zone speciali di conservazione (le aree "SIC" e "ZPS"): segnaliamo, tra gli altri, il progetto Life+ "WetAmphibia" attivato nel Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, l'analogo Life+"Ten" per il Trentino e la proposta di intervento per la conservazione dell'Ululone appenninico. Per l'Appennino Umbro-Marchigiano non vi sono - ad oggi - progetti di tutela estesi su scala interregionale: anche in questo caso si registrano singoli interventi attuati a livello locale, come per la Salamandrina di Savi nel pesarese, il Rospo smeraldino nella porzione meridionale del Parco del Conero; per una rassegna generale si rimanda a questa relazione: LINK.
Resta il rammarico per il fatto che non abbiamo ancora, a livello nazionale, un vero e proprio piano d'azione coordinato né una strategia univoca per la tutela e la conservazione degli Anfibi: regioni, province ed enti gestori delle aree protette navigano in ordine sparso, con il paradosso che un confine amministrativo può segnare la "salvezza" (per gli interventi conservazionistici attivati) o la "fine" (per l'assenza di misure di tutela) per le comunità di Anfibi.
3- Come si monitorano e come si valuta il loro stato di conservazione?
Come per tutte le specie animali, anche per gli Anfibi è necessario organizzare attività di studio e di ricerca volte a conoscerne presenza e distribuzione in un determinato territorio. In base alla specie "target" le attività di censimento (per accertarne la presenza) o di monitoraggio (ad esempio per valutarne nel tempo la consistenza numerica e lo status conservazionistico) vengono organizzate diversificando le uscite in funzione - soprattutto - delle caratteristiche eco-etologiche e fenologiche della specie (periodo di attività, modalità riproduttive, utilizzo di habitat specifici, ecc.).
Generalmente queste ricerche si conducono nel periodo riproduttivo (marzo-maggio in Appennino), periodo durante il quale quasi tutte le specie sono più facilmente osservabili nei siti riproduttivi elettivi (come i corsi d'acqua a lento deflusso o con pozze laterali, stagni e laghetti, vasche, abbeveratoi e fontanili, impluvi e grotte umide). Nelle uscite di campo verranno annotate tutte le problematiche e le minacce (dirette e indirette) che possano interferire con il ciclo biologico delle specie in questione, così come lo stato di salute generale dell'habitat.
Per valutarne lo stato di conservazione è fondamentale avere a disposizione, dunque, una serie di dati e di osservazioni raccolte nel tempo, meglio se con una "quantificazione" numerica: questo permette di capire il trend delle popolazioni note (stabile/in decremento/in crescita) e le linee di intervento di proporre per la tutela di specie ed habitat (misure di conservazione, mitigazione, compensazione).
A livello globale l'IUCN redige, sulla base delle valutazioni fornite dagli esperti nazionali, una sorta di inventario del rischio di estinzione - le cosiddette "liste rosse" - cui sono soggette le specie oggetto di analisi ( LINK ). Esistono, dunque, dei parametri che permettono di classificare le specie sulla base delle categorie di rischio: da Estinto (EX, Extinct), applicata alle specie per le quali si ha la definitiva certezza che anche l'ultimo individuo sia deceduto, e Estinto in Ambiente Selvatico (EW, Extinct in the Wild), assegnata alle specie per le quali non esistono più popolazioni naturali ma solo individui in cattività, fino alla categoria Minor Preoccupazione (LC, Least Concern), adottata per le specie che non rischiano l'estinzione nel breve o medio termine.
4- Quali azioni utili possono fare i cittadini al fine di proteggere gli anfibi?
Gli accorgimenti che possono essere messi in atto da ciascuno di noi per aiutare gli Anfibi sono relativamente semplici e portano a risultati evidenti sin da subito, specialmente per chi abita in campagna, mentre non sempre gli sforzi vengono ricompensati dalla presenza stabile di rospi & co. per chi vive in un ambiente prettamente urbano.
Un giardino, così come un orto o un campo coltivato, può essere migliorato diversificando gli habitat e aumentando la disponibilità di rifugi, risorse trofiche e siti riproduttivi ottimali.
Per gli Anfibi è importantissimo garantire la presenza di un biotopo dulciacquicolo, di dimensioni anche ridotte, idoneo per la riproduzione (stagno, pozza temporanea, laghetto artificiale presagomato, ecc.) e, nelle vicinanze, piccoli rifugi utili sia per l'ibernazione che per l'estivazione (come siepi, cataste di legna, pietraie, ecc.).
Questo breve testo è tratto da: "Il giardino degli anfibi e dei rettili", disponibile on-line qui: LINK
Il paragrafo è un estratto della pubblicazione, caldamente consigliata a chi vuole saperne di più sulla "convivenza" tra uomo e natura, edita dal Parco naturale regionale del Conero:
PERNA P., FELICETTI N., FIACCHINI D., PROCACCINI D., SPILINGA C., FUNGHINI E. & CHIODINI E., 2013. Vivere con la fauna del Conero. “Istruzioni per l’uso”. Ente Parco naturale regionale del Conero, collana libri “Parco del Conero”. Tipografia Luce, Osimo (AN), pp. 120
Per altre indicazioni vi rimandiamo alle pagine del sito del KARCH