CAPRIOLO
Campione di salto appenninico
Dalla figura snella e dai tratti più morbidi rispetto al cugino cervo, il capriolo è senza dubbio un degno rappresentate della fauna appenninica. È un ungulato in realtà originario dell’Europa centrale che, tra passate reintroduzioni e spontanee incursioni da oltralpe, ha colonizzato praticamente ogni zona della penisola, dalla pianura fino a oltre 1000 metri di altitudine. La sottospecie nominale Capreolus capreolus capreolus è quella quasi esclusivamente rappresentata sul nostro Appennino, mentre rimangono popolazioni relitte di capriolo italiano (sottospecie C. capreolus italicus) in poche aree circoscritte al centro e sud della penisola.
Come per gli altri cervidi italiani, anche nel caso del capriolo il dimorfismo sessuale è determinato dalla presenza dei palchi nei maschi, assenti nelle femmine. Il palco, corto e formato generalmente da tre punte per ognuna delle due stanghe, si forma a partire da pochi mesi di età del maschio, iniziando con due semplici stanghe prive di punte e, man mano che i livelli di testosterone aumentano e si stabilizzano, progredendo con l’età del maschio, giunge alla completa formazione.
Com’è noto i palchi (a differenza delle corna, proprie dei bovidi, con cui sono impropriamente confusi), cadono ogni anno alla fine della stagione riproduttiva, per poi ricrescere appena dopo, ricoperti inizialmente dal cosiddetto “velluto”, un sottile strato di pelle vascolarizzata che assiste alla crescita del palco. Il velluto, in seguito, viene perso e il palco è di nuovo completo per la sua funzione.
È un cervide elegante, le cui lunghe zampe posteriori denotano una grande attitudine al salto: non è raro, infatti, incontrarne nelle nostre montagne e vederli fuggire coi grandi caratteristici balzi.
Eleganza che non si addice, tuttavia, al suo richiamo: detto “scrocchio”, è una sorta di abbaio rauco e cadenzato che echeggia nelle valli soprattutto al crepuscolo e all’alba. Questo verso ha molteplici funzioni, tra le quali l’allarme e, la principale, la territorialità.
Tra le principali prede del lupo, il capriolo esegue anche un particolare tipo di comunicazione interspecifica, mostrando lo specchio anale, quella grande macchia bianca presente posteriormente e provvista di muscoli che ne permettono l’estensione aumentandone la visibilità. È un segnale di allarme, un modo per dire al possibile predatore che è stato individuato, ed è notoriamente più difficile catturare una preda già allertata. Lo specchio anale permette inoltre di distinguere femmine e maschi in assenza dei palchi: le femmine possiedono, infatti, la cosiddetta “falsa coda”, ciuffo di peli rivolto verso il basso al centro dello specchio.
Sono sicuramente animali affascinanti, nemmeno troppo difficili da vedere sulle nostre montagne, particolarmente in quelle zone al confine tra bosco e radura, sia nella bella stagione, con il mantello tendente al rossiccio, sia in autunno e in inverno, grigi e più mimetici. Menzione a parte va fatta per i cuccioli, che, con il loro mantello pomellato, si rinvengono nella tarda primavera immobili nascosti tra l’erba. In questi casi la cosa obbligatoria da fare è semplicemente quella di allontanarsi e non lasciare che i piccoli prendano in nessun modo l’odore umano, pena l’abbandono da parte della madre, che sarà lì, nascosta nei paraggi, a controllare l’intruso. Anche i cani lasciati liberi sono un pericolo per i piccoli e una fonte di disturbo e stress per gli adulti, ma per ovviare a questi inconvenienti basta semplicemente un guinzaglio.